L’amianto è ancora qui: riusciremo a liberarcene?

Quanto amianto ancora c’è sparso sul nostro territorio? Cosa stiamo facendo per ridurlo? Quali sono le novità per quanto riguarda incentivi e smaltimento? 

Nel 2018, Legambiente pubblicava un report relativo alla "situazione amianto" in Italia, e più nel dettaglio relativo a "I ritardi dei piani regionali, delle bonifiche e delle alternative alle discariche". 

Vediamo, in breve, che cosa dice il report.

 

Stato della mappatura e del censimento

Nell'età "d'oro" dell'amianto, cioè tra il 1945 e il 1992, in Italia sono stati prodotti 3,7 milioni di tonnellate di amianto grezzo, e 1,9 milioni sono stati importati nello stesso periodo. Tra il 1993 e il 2012, nei nostri ospedali sono stati diagnosticati 21.463 casi di mesotelioma maligno riconducibili ad esposizione da fibre di amianto.

Nonostante questi dati, nel 2018, l'epoca dell'inchiesta di Legambiente, il "Piano Regionale Amianto" non era ancora stato approvato in tutte le regioni: mancavano il Lazio e la provincia autonoma di Trento, mentre rimanevano in una situazione ambigua e indefinita l'Abruzzo, la Calabria e il Molise. Il censimento era stato fatto in 6 regioni su 15 (meno del 50%!); le altre 9 regioni (Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Puglia, Sardegna, Sicilia, Veneto e nella Provincia Autonoma di Bolzano) dichiaravano che la procedura era ancora in corso.

Dall'altro lato, dai primi dati risultava ancora esistente una superficie di 58 milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto (per lo più industrie, poi edifici pubblici e privati).

La situazione era - ed è tuttora - grave e allarmante.

 

Bonifica dei siti mappati

Non andavano meglio le attività di bonifica per i siti mappati, anzi, allora come oggi andavano decisamente a rilento (stesso numero di edifici bonificati nel 2015 e nel 2018), mentre permanevano altissimi i numeri relativi alle tonnellate di rifiuti in amianto prodotti e accatastati in discarica oppure trasportati nelle miniere dismesse in Germania. 

Gli impianti di smaltimento, d'altronde, non sono sufficienti ancora oggi. Quali sono le possibili soluzioni alternative allo smaltimento in discarica?

 

Alternative allo smaltimento in discarica

Nel report, Legambiente chiede al CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) quali sono i processi, attualmente autorizzati, che costituiscono un'alternativa valida e sostenibile allo smaltimento in discarica e al trasporto nelle miniere dismesse. 

Si tratta di processi di inertizzazione, e possono essere di 3 tipi:

  1. termici
  2. chimici
  3. meccanochimici.

All'interno di queste tre macro-categorie, ci sono alcune tecnologie che permettono di affrontare lo smaltimento in maniera "tecnicamente soddisfacente". In particolare, dice il CNR, alcune applicazioni dei trattamenti termici e chimici "permetterebbero di degradare in maniera affidabile l'amianto. [...] Al fine di selezionare le strategie ottimali di trattamento, il fattore di maggiore interesse è la possibilità di ottenere un sottoprodotto riutilizzabile: questo permetterebbe sia di ridurre i costi di processo, sia di migliorare la sostenibilità ambientale del trattamento dell'amianto, inserendolo in un contesto di economia circolare". 

 

La questione degli incentivi

Le regioni hanno provato a smuovere una situazione stagnante elargendo finanziamenti e incentivi, ma le iniziative sono tutt'oggi ancora troppo limitate per avere un impatto decisivo e velocizzare tutto il processo di censimento, mappatura, bonifica e smaltimento.

Analogamente, la formazione sull'argomento è ancora molto scarsa e superficiale:

  • ci sono pochi tecnici specializzati
  • i cittadini non sono sufficientemente informati e poco sensibilizzati

Sono quindi 3, secondo Legambiente, i punti da smuovere: i numeri dell'amianto in Italia (ancora troppo incerti e sottostimati), lo smaltimento (siti e modalità, così da omogeneizzare gli impianti su tutto il territorio nazionale, anche con le nuove tecnologie di inertizzazione), la leva economica (rendendo stabile il sistema di incentivi eternit/fotovoltaico).

Tuttavia, anche in assenza di questi incentivi specifici, la presenza di manufatti di amianto permette ora di accedere alle detrazioni del 50% relative al Bonus Ristrutturazioni, e del 90% relative al Bonus Facciate.

Tubus System ha vinto il Premio Innovazione dei Materiali
per un grande intervento di relining di tubi in amianto:
leggi l'articolo



Le tecnologie di stabilizzazione dell'amianto

In base alla normativa vigente (D.M. 6 settembre 1994), i trattamenti condotti su amianto possono essere di due tipi: stabilizzazione - per ridurre il rilascio di fibre, oppure inertizzazione - ossia la totale trasformazione cristallochimica delle fibre, che permette di ottenere prodotti di scarto da utilizzare come nuova materia prima. Destinati, cioè, al circolo virtuoso del riciclo e riutilizzo.

I trattamenti di inertizzazione, purtroppo, sono ancora troppo costosi per essere affrontati in maniera sistematica. Da qui la necessità di finanziamenti seri.

Invece, tra i metodi di stabilizzazione, i più diffusi sono:

  • incapsulamento (l'amianto viene penetrato o ricoperto con prodotti specifici, che formano una pellicola protettiva sulla superficie esposta)
  • confinamento (viene installata una barriera tra l'amianto e l'ambiente esterno)
  • rimozione (l'amianto viene completamente rimosso dal sito originale ed eliminato, con conseguente esposizione per i lavoratori e costi maggiori).

Va da sé che, mentre rimozione e confinamento hanno costi alti e implicano un elevato rischio di esposizione alla fibre, l'incapsulamento è più efficace, più sicuro e più sostenibile

 

La nostra tecnologia di incapsulamento

In Italia, il cemento amianto è presente non solo nelle coperture, ma anche in molti altri elementi costruttivi, come gli impianti di scarico. Essendo quegli impianti ormai molto datati, sono sempre più frequenti gli episodi di intasamento e guasti che, oltre a causare spiacevoli danni agli edifici, provocano il rilascio di fibre cancerogene estremamente pericolose per l’uomo. 

Per risolvere questo problema, in Tubus System abbiamo sviluppato uno specifico protocollo di intervento che, grazie al nostro esclusivo metodo di ricostruzione endoscopica (relining), consente di risanare le tubazioni di amianto in maniera semplice, sostenibile e senza rischi di dispersione di fibre.

Il nostro risanamento prevede l'applicazione, sulla superficie interna del tubo vecchio, di un composto plastico autoindurente (e riciclabile!) che, una volta solidificato, crea un nuovo tubo autoportante all'interno dell'altro. In questo modo, riusciamo a isolare l'amianto e a mettere tutto l'impianto in sicurezza, con triplice vantaggio:

  • fermiamo del tutto il rilascio delle fibre
  • miglioriamo la resistenza del tubo, sigillando eventuali punti danneggiati o corrosi che potrebbero anche causare perdite e allagamenti
  • riduciamo a zero il rischio per gli addetti ai lavori che non hanno, effettivamente, alcun contatto con il materiale.

Perché possiamo farlo? Perché siamo iscritti all'Albo Gestori Ambientali e siamo autorizzati legalmente ad operare con manufatti di amianto; i nostri tecnici sono adeguatamente formati e in grado di lavorare senza rischi per nessuno.

Vuoi saperne di più sul nostro metodo di risanamento dei tubi in amianto? 
Leggi il report del nostro intervento a Torino. 

"Era il 2013 quando il team Tubus System ha incontrato per la prima volta il gruppo ATC Torino. Da allora abbiamo intrapreso insieme l’iter che ci ha portato alla realizzazione, in collaborazione con ISOVIT, del più grande intervento di bonifica di tubazioni in amianto mai realizzato in Italia." 

LEGGI IL REPORT

 

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